Gli editoriali di Stefano La Mendola

Trasparenza per legge, per convinzione, per vocazione

 

Prendo a prestito, stavolta, un articolo di Paola Muratorio, adattandolo al ns. contesto.

 

Si discute molto di trasparenza, spesso a sproposito. Trasparenza non significa sapere tutto di tutti, gestire in pubblico informazioni riservate, riferire voci che sono pettegolezzi, eliminare ogni forma di riservatezza, esercitarsi nel voyeurismo istituzionale o giornalistico. La trasparenza rappresenta, viceversa, l'elemento fondamentale della governance, la modalità attraverso cui affrontare e curare il deficit di democrazia tipico dei soggetti economici. La trasparenza, applica il punto di vista di Kant secondo il quale "tutte le azioni che si riferiscono al diritto di altri uomini la cui massima non è compatibile con la pubblici, sono ingiuste".

 

La trasparenza assolve alcune funzioni fondamentali. La prima è di ridurre l’asimmetria informativa tra chi conosce e determina la gestione e la strategia di un ente economico e chi fornisce a quest'ultimo le risorse necessarie al suo sviluppo ed alla sua crescita - la collettività nel caso di un Istituto scolastico - gestione e comunicazione trasparenti incrementano la libertà di scelta di quest’ultima. La seconda è di mettere i portatori di interessi, gli stakeholder, nella condizione di valutare, con cognizione di causa, l'operato di un Istituto e dei suoi responsabili. Da qui può derivare il rischio di una umiliazione, che non consiste però in una qualche azione punitiva: l'assenza di trasparenza implica la rottura del circolo virtuoso che esiste tra un soggetto istituzionale ed il resto del mondo e cioè i portatori d’interesse, gli alunni, i loro genitori e la collettività; circolo virtuoso che rappresenta la condizione necessaria per il successo delle scelte di gestione e di investimento.

 

Ogni Istituzione scolastica, per obbligo, per convinzione e per interesse gestionale, deve fare della trasparenza un requisito fondamentale.

 

Per obbligo: perché i bilanci ed il POF - che condensano le decisioni assunte in un dato periodo sono redatti in base all’autonomia didattica e professionale, ai principi contabili e alle norme di settore e vengono approvati o controllati, dai Revisori, dai Ministeri vigilanti, dagli Organi Collegiali.

 

Per convinzione: perché non è permessa alcuna opacità quando si è responsabili di un bene così cruciale come le potenzialità delle nuove generazioni, che coinvolge il futuro e la dignità dei nostri ragazzi e delle loro famiglie e traguarda periodi di tempo così lunghi da richiedere una particolare attenzione alle scelte ed alla valutazione dei rischi.

 

Per vocazione gestionale: registrare, ogni anno, più di 5 milioni di euro di spesa corrente finanziata dai contribuenti, avere contatto con più di 1.000 famiglie e compiere transazioni con enti e fornitori, non è possibile senza rispondere ai più elevati standard di trasparenza e correttezza le quali, guarda caso, sono i due requisiti fondamentali per il funzionamento e la regolamentazione di ogni pubblica Istituzione.

 

Trasparenza come regola, dunque, da usarsi con senno, concetto che non deve essere né vago, né sottoposto a libera interpretazione. E non sono stati disciplinati a caso gli obblighi attribuiti al Consiglio d’Istituto, al suo Presidente ed alla Direzione d’Istituto, il cui Regolamento determina, con le leggi, reciproche competenze, modi e tempi di diffusione dei verbali delle riunioni degli Organi Collegiali.

Perché trasparenza è il contrario di opacità, non di riservatezza.