Gli Editoriali di Stefano La Mendola

Andare a scuola senza logica

 

             da un articolo di Ermanno Bencivenga  pubblicato il 30/11/14 da Il Sole 24Ore

 

L’autore dell’articolo da cui attingo questa volta, è, da più di quarant’anni, teorico e divulgatore di considerazioni inerenti la logica.

 

Durante le sue lezioni, racconta, è capitato spesso che i paradossi evidenziati, ad esempio, dall’esame degli spot pubblicitari, provocassero fragorose risate fra gli studenti. Del resto, non pochi cabarettisti devono la loro fama allo stesso meccanismo dissacratore.

 

Eppure, oggigiorno, dice Bencivenga, le stesse lezioni non generano più l’ilarità di un tempo. Anzi, capita che gli studenti rimangano perplessi di fronte allo svelamento  del paradosso e che domandino cosa ci sia da criticare, visto che gli spot citati risultano efficaci (vedasi editoriale Il buon senso a scuola sul conservatorismo magico) .

 

Quello che Bencivenga si sforza di insegnare in quelle lezioni, e che un numero non trascurabile di studenti sembra incapace di cogliere è che la logica, il logos, il discorso significante ci definisce come esseri umani ed è il più efficace strumento di democrazia conosciuto.

 

La logica dà conto dei rapporti di subordinazione (i docenti la chiamano inferenza) fra principi, (pur soggettivamente adottati) e conseguenze, che ciascuno di noi riconosce ed impara a catalogare in sede esperienziale.

 

Avere una conversazione che non è in grado di sostenere le forme di ragionamento più elementari ed ottenere egualmente l’altrui consenso è indice di una povertà logica dilagante nel nostro paese.

 

Ne troviamo esempi quotidiani ovunque: nei mezzi di comunicazione, per le strade, negli uffici pubblici ed in quelli privati.

 

Linguaggio e discorso svolgono la vita sociale di ciascuno di noi, così, il degrado di quelli, accompagna e spinge verso il basso il livello dell’altra. Occorre intervenire con urgenza, ma come?

 

Con l’esercizio e l’esempio, iniziando da coloro che possono rispondere prima e meglio: i bambini ed i giovani. Dobbiamo impegnarci ad esercitarli quotidianamente a costruire buone argomentazioni, come si esercitano a scrivere, leggere, o far di conto e a metterli in guardia verso i messaggi e i messaggeri che, consapevolmente o meno, si fanno beffe della logica e si gongolano nel consenso.

 

E dobbiamo farlo presto: prima che i Bencivenga di turno, privati delle risate ristoratrici dei loro discenti, si inaridiscano e si estinguano.

In caso contrario, avremo sempre meno una comunità di cittadini e sempre più una platea di spettatori, irragionevolmente sedotti dal sorriso del divo, o dell’affabulatore di turno (vedasi editoriale Viaggiare attraverso i torti, oltre la schiavitù). E non potremo lamentarci vedendo l’irragionevolezza dominare le scelte della nostra società e della nostra politica.