Gli Editoriali di Stefano La Mendola

La cura della cultura

 

Questa volta è Marcello Aitiani a prestarmi un suo articolo: mio l'adattamento al contesto, sue tutte le intriganti citazioni.

 

Ci voleva la Grande bellezza del cinema per svelare a una vasta platea il vuoto di molti "gesti artistici", ripetizioni di quelli nati più di mezzo secolo fa con altri intenti e ormai ridotti a stereotipi per un ristrettissimo pubblico disincantato, talvolta alienato, cinico o depresso. È la fotografia di un'Italia disorientata, sterile e impoverita economicamente, ma soprattutto umanamente a causa del disprezzo e dell'indifferenza di ciò che dovrebbe essere la cultura: anima, passione di vita, sviluppo delle facoltà critiche, maturazione di un'identi fondata sulle proprie aspirazioni profonde.

I termini cultura e coltura nascono dalla stessa radice e coltivare, come applicarsi alla cultura, vuoi dire impegnarsi con la mente e con le mani, con la ragione e col cuore per portare a completo sviluppo la vita potenziale del seme. È questa la cultura che fertilizza la società, rendendo possibile la coesione tra gli uomini.

Per contro, il sociologo Gilles Lipovetsky sostiene che «oggi, il vettore dell'estetizzazione del mondo non è p l'arte, ma il consumo», ciò che, a suo dire, dimostrerebbe la crescente attenzione del mondo globalizzato allo stile e alla bellezza. L'estetica e la cultura appaiono come industrie votate al profitto. La diversità della sfera culturale che aveva una sua autonomia dagli affari è definitivamente abolita e sostituita, come scrive Marc Fumaroli, dalla «universalizzazione della cultura commerciale»; una cultura come mera registrazione del modo d'agire, nel bene e nel male, di un gruppo sociale, senza riferimento ai valori cui tali orientamenti di vita s'indirizzano.

Ma quest'estetica e questa bellezza non sono quelle della nostra tradizione culturale, portata avanti, anche oggi, da studiosi di discipline scientifiche e umanistiche, come Murray Gell-Mann,losif Brodskij, Enzo Tiezzi, o lIya Prigogine. Per costoro la bellezza è essenziale dal punto di vista etico, epistemologico, artistico, della stessa salute psichica; tanto che per James Hillman il problema estetico "non è affatto mero estetismo disinteressato: è la nostra stessa sopravvivenza".

La nostra società è dominata dalla tecnica in quanto funziona e dal mercato in quanto produce? Funzionalità e produttività vengono allora identificate come la cultura del mondo presente. Per questo, osserva Umberto Galimberti, «oggi capiamo unicamente che cosa è utile, efficace, produttivo, ma nulla sappiamo di cosa è buono, giusto, vero, bello, sacro. Ne è una prova l'arte che diventa arte solo se entra nel mercato».

Che fare, allora? Coltivare un'altra cultura, libera e responsabile. Anche secondo Gustavo Zagrebelsky gli uomini di cultura hanno il dovere di difenderne l'autonomia, dagli affari quanto dagli interessi della "politica"; la cultura «non esiste primariamente per dar da mangiare, ben per alimentare le forze spirituali dell'auto-coscienza individuale e collettiva». Così intesa essa potrebbe creare coesione sociale componendo, come una vetrata dai molti frammenti policromi, le diverse esigenze senza annullarle. Una cultura della complessità, secondo le riflessioni di studiosi come Edgar Morin e Mauro Ceruti.

Una cultura che, in parte, torni all'idea di paidèia, tendente allo sviluppo integrale della persona. Oggi è in atto il tentativo di spezzare il legame con questa cultura, rifiutando un'Europa «fondata su qualcosa di diverso dall'euro e dall'economia», come osserva Giorgio Agamben, e basandola invece sul modello economico standard che ignora i beni così detti relazionali e a motivazione intrinseca. Quanti sono bloccati su quest'unico modello, e sul "pensiero cartesiano" sotteso, ignorano la complessità della natura, la multidimensionali dell'uomo, il suo profondo legame con la nostra profonda tradizione, punto di forza dell'anima e del lavoro italiano. Un'ignoranza che ci ha reso più poveri, deboli e infelici.

Facciamo crescere questo più ricco sentimento del mondo, della vita, delle relazioni umane e dell'arte che sta nascendo. Se avremo cura della cultura, e la curiamo dal suo malessere, la cultura curerà noi.