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T-essere relazioni     30 Novembre 2015

La DS ringrazia gli intervenuti ed elencando i progetti di formazione in cui l’Istituto è attualmente impegnato: 

  • RicercAzione matematica  con il prof. Piochi della Università di Firenze e la partecipazione di docenti da Prato e dalla Valdinievole
  • Certificazione delle competenze, con la partecipazione di 4 Istituti limitrofi
  • Me per Te, di cui il Nannini è capofila e a cui partecipano il Raffaello il Sestini ed il Roncalli-Galilei, con l’intervento degli esperti chiamati oggi al ruolo di relatore.
  • SAPIE, in associazione con la Università di Firenze, cui partecipano i relatori di oggi Calvani e Cappellacci.
  • Sono stati assegnati ieri i docenti di potenziamento (fase C buona scuola)
  • Riprenderà, domani, il progetto Scuola Aperta, seguita dalla associazione Pozzo di Giacobbe che si è aggiudicata l’appalto per quest’anno.

Gli interventi degli esperti.

 

Enrica Ciucci – Università di Firenze -    Scuola e famiglia: due sistemi connessi.

Lo sviluppo del bambino è legato alle sue caratteristiche personali, ma anche ai contesti in cui vive, che possono distinguersi in diretti (con cui entra in consapevolmente in contatto, famiglia, scuola, ecc.) e indiretti (di cui è inconsapevole: congiuntura sociale ed economica). La conoscenza di questi contesti è fondamentale al docente che intenda accompagnare lo sviluppo. I vari contesti possono costituire microsistemi, ciascuno con una propria dinamica interna e con connessioni con quelli analoghi (es. scuola e famiglia, con analogia educativa). Inoltre tutti i microsistemi e le connessioni che li collegano sono in continuo cambiamento (un trasloco, l’arrivo di un fratellino, il cambio di una maestra, ecc.) e la loro evoluzione traccia la storia esistenziale del bambino. Niente è banale nelle relazioni tra persone. Il potenziale di sviluppo è aumentato quando i contesti (i microsistemi) sono fortemente interconnessi e presentano una coerenza di fondo. Tanto più facilitate, numerose e curate sono le connessioni, tanto migliore risulta l’efficacia dell’azione educativa. La connessione scuola-famiglia, in particolare, come un ponte fra due sponde, promuove il benessere del bambino, non solo nel mero ambito educativo. Se la connessione è un canale di comunicazione aperto, una alleanza è la libera scelta di usare costruttivamente quel canale per un progetto comune di educazione, avente per fine ultimo il benessere del bambino. Il progetto necessiterà di regole per svilupparlo e di dialogo, condotto avendo “i bambini sulla testa” (ovvero mantenendo la concentrazione sulle loro esigenze). Nasce così una comunicazione, che comporta una frequenza ed una qualità: soprattutto quest’ultima è fondamentale. La qualità del contatto dipende unicamente dalle persone e anche se c’è un grosso sforzo del sistema scuola per garantire una qualità uniforme, è ancora il singolo che fa la differenza. Per questo, ogni educatore deve prestare attenzione ad alcuni aspetti: Tono emotivo, Soddisfazione, Chiarezza della comunicazione, Accordo fra le parti, Apprezzamento e rispetto, Fiducia, Sostegno, Cooperazione. Alcuni di questi elementi hanno carattere di reciprocità, altri risultano più unidirezionali. La ricerca conferma che una comunicazione a due vie (ascolto, esprimo) è la più efficace nelle relazioni genitore-figlio e scuola-genitori. Un docente che comunica trasmette un investimento sul bambino e sulla sua unicità e consente di allineare gli obbiettivi, inducendo nei genitori il riconoscimento del valore educativo della scuola. Facilita, nel genitore, la percezione di essere supportato, fondamentale per non sentirsi soli di fronte all’avventura esistenziale della genitorialità, facilità la qualità della relazione e promuove il benessere del bambino e della comunità.

Non mancano gli ostacoli da superare: scarse risorse economiche e sociali (possono portare ad un minor investimento sul bambino); differenze sul modo di concepire l’educazione (es. appartenenza etnica, difficoltà linguistiche); scarso livello d’istruzione dei genitori; alcune caratteristiche che il bambino può presentare.

La scuola deve supportare l’insegnante nella costruzione di questo “ponte” con la famiglia, avendo ben cura che non accada che il docente: smetta di interrogarsi e di mettersi in discussione per migliorare (le sue relazioni non saranno efficaci); cada in “burnout”, ovvero, perda la concentrazione emotiva e l’attenzione verso i bambini; si arrenda di fronte alla difficoltà (spesso grande) di provare empatia per il bambino e la famiglia.

  

Davide Capperucci – Università di Firenze -   Un patto di corresponsabilità educativa: il ruolo dei genitori negli organi collegiali degli Istituti Scolastici

L’alleanza scuola-famiglia è un tema che il legislatore ha affrontato, negli anni insieme alla scuola.

La responsabilità della educazione dei minori è affidata ai genitori dalla Costituzione, che fornisce loro , come ausilio, la scuola. Le norme individuano una responsabilità in educando (attribuendola a scuole e famiglie) ed una responsabilità in vigilando (di cui sono investiti la scuola ed il personale ATA, cui le famiglie affidano i figli). Risalgono agli anni ’70 i “decreti allegati” con cui i genitori entrano nella scuola con diritti ben individuati. Negli anni ’90, il DLgs 287, Testo unico, sancisce l’importanza degli Organi Collegiali, basati sui seguenti principi: decisionalità collegiale; partecipazione corresponsabile (in antitesi alla delega); rispetto delle competenze.

I Consigli di Classe / Interclasse / Intersezione sono propositivi (non deliberanti) e provvedono a raccogliere le proposte e trasmetterle all’organo tecnico deputato a prendere decisioni: il Collegio dei Docenti. Su aspetti prettamente didattici opera con la sola presenza dei docenti.

Il Consiglio d’Istituto è un organo di governo molto importante (deliberante), in cui si traccia la politica scolastica. La legge individua nel CdI il soggetto che fornisce indirizzi educativi, organizzativi e di impiego delle risorse economiche e finanziarie, perché ne fanno parte tutte le componenti scolastiche (docenti, genitori e ATA). A garanzia di imparzialità, la legge prevede che sia presieduto da un genitore. E’ chiamato ad adottare il Piano dell’Offerta Formativa e a approvare il Programma finanziario Annuale ed il Conto Consuntivo.

Nelle Assemblee si crea, più che in altri contesti, l’alleanza scuola-famiglia. In quelle di classe genitori e docenti si incontrano e si conoscono, scambiandosi informazioni a tutto beneficio del bambino.

La tendenza dei genitori a portare il loro vissuto a scuola non deve sovrapporsi all’ottica del docente, per cui il bambino è, invece, un alunno.

Sono deleteri tutti i meccanismi di delega, perché abbassano la soglia del carico della responsabilità educativa.

Da una serie di problemi di comportamento verificatisi fra il 2005 ed il 2006 e riportati dalla cronaca, hanno spinto il Ministero a richiamare scuola e famiglie ad una maggior attenzione, con l’introduzione del Patto di corresponsabilità educativa. Non è stato il primo intervento del genere. Nel 1998, infatti, lo Statuto degli Studenti e delle Studentesse, poi modificato nel 2007 all’art.5bis, aveva indicato diritti e doveri generali delle componenti della scuola, fermandosi agli alunni. Il Patto di corresponsabilità, invece, chiama direttamente in causa anche i genitori. Le modalità di condivisione del Patto sono fissate dal Regolamento di Istituto della cui redazione e approvazione si occupa il Consiglio d’Istituto.

Non è importante solo stabilire le regole (Patto e Regolamento), ma anche comunicare a tuttila natura ed i termini degli accordi. La comunicazione scuola-famiglia deve essere impostata dal CdI nelle sue linee generali, e poi essere declinata ogni giorno, in modo omogeneo e coerente. (vedi Editoriale L'in-formazione nella scuola delle competenze)

Docenti, genitori e alunni devono impegnarsi, secondo la legge, su tre aspetti fondamentali: il Piano dell’Offerta Formativa (illustrabile ed illustrato a famiglie e alunni in modo comprensibile e frequente); la relazionalità; il tema della partecipazione di tutti gli adulti alla educazione dei ragazzi, anche in ambito scolastico. L’alleanza scuola-famiglia non può essere una speranza, ma deve diventare un impegno costante e continuo. La comunità educante non prevede un noi (docenti) ed un loro (genitori), ma un noi che si prende carico di far crescere i ragazzi, un pochino, ogni giorno.

 

 

Andrea Baroncelli – Università di Firenze-  I minori e l’uso delle nuove tecnologie: una nuova sfida per la corresponsabilità educativa scuola-famiglia

I mezzi di comunicazione e le nuove opportunità offerte dai social sono solo una delle ultime risposte all’esigenza umana di rispondere a bisogni e controllare  il proprio ambiente d’azione. Con l’avvento del Web 2.0 l’utente non è più solo fruitore, ma co-creatore dell’ambiente digitale. Sui propri smartphone (che sono altro dai telefonini), sono a disposizione diverse tipologie di strumenti: social networks (facebook, twitter) il cui obiettivo primario è di creare una comunità, con aspettativa di una risposta differita; chat, dedicata alla comunicazione 1 a 1, o 1 a pochi (skype) e che presuppone una risposta sostanzialmente immediata; blog, ove un blogger sviluppa riflessioni su un tema, poi condivise, arricchite ed integrate, in differita, dalla comunità di utenti; forum, adatto a sviluppare un tema in rapporto tanti a tanti. Si chiamano, per definizione, nativi digitali i nati dall’anno 1985. Non viene attribuita loro, tanto, una maggiore dimestichezza nell’impiego dei mezzi informatici, quanto un diverso approccio mentale a tali strumenti. I ragazzi considerano lo smartphone un’estensione del sé, dato che fornisce loro la possibilità di intessere relazioni sociali. Ci sono effetti potenzialmente negativi: distorsione dei confini con il proprio sé; alterazione della percezione del tempo e dello spazio; vissuti di onnipotenza o di depersonalizzazione (avatar); alterata percezione delle relazioni sociali (amici sui social non è uguale ad amici reali); cyberbullismo e adescamento sessuale.

Ci sono effetti potenzialmente positivi: ampliamento della rete dei contatti; didattica 2.0 (particolarmente utile ai soggetti BES); riduzione dell’ansia; nuove frontiere nel campo della psicologia (es. supporto a giovani pazienti  sottoposti a chemioterapia). Riguardo al patto educativo, possono essere di aiuto le seguenti tracce di analisi.

In che modo, nell’Istituto, sono regolati l’accesso e l’uso degli smartphone e dei telefonini a scuola?

Le famiglie sono a conoscenza di questa regolamentazione?

I docenti usano gli smartphone ed i cellulari a scuola?

In che misura i social vengono usati dalla comunità dell’Istituto per promuovere l’interesse collettivo, piuttosto che per diffondere banalità?

Come deve regolarsi il genitore che appartenga ad un gruppo WhatsApp? Senza una chiara percezione delle regole, le varie richieste possono risultare invadenti e trasmettere la sensazione di essere continuamente sotto giudizio.

 

 

 

Al termine della prima fase plenaria, i lavori sono stati svolti in gruppi, il cui contributo è stato raccolto nella seconda fase plenaria, che ha visto il saluto degli assessori Lomi e Colzi, che ha espresso l’interesse a ripetere l’esperienza. Il proposito è stato raccolto da DS, che, in chiusura, ha nuovamente ringraziato i genitori presenti.

 

Questa la sintesi riportata, nella seconda parte plenaria, dai coordinatori di ogni gruppo e le note di svolgimento dei lavori del gruppo G.

 

A –“Ho bisogno di tutti voi” : buone pratiche di collaborazione tra scuola, famiglia ed operatori per la valorizzazione di bambini in difficoltà

Giornata interessante per la presenza, insieme, di docenti, genitori, assistenti educativi e psicologa. Evidenziate diverse buone pratiche risultate efficaci nei laboratori. I genitori hanno chiesto incontri specifici di formazione e informazione, mante i docenti chiedono giornate di formazione in più. Comune l’intento di eliminare le barriere che creano incomprensione.

 

B - Comunicare ai tempi di WhatsApp: limiti e pregi dell’essere sempre a confronto coordinato da Giuditta Biancalani de Il pozzo di Giacobbe 

WhatsApp fornisce velocità di comunicazione, ma i gruppi dei genitori alterano, talvolta, le informazioni ed incidono negativamente sul rapporto di fiducia. Per ovviare, sono opportuni più numerosi momenti di confronto docenti-genitori, rafforzando la relazione per coltivare l’obbiettivo comune del benessere dei ragazzi.

 

C - “Per crescere un bambino serve un intero villaggio”: riflessioni sul valore della fatica a scuola e a casa

Il bambino è in contatto con tanti soggetti educanti. In 12 slides si sono proposti errori comuni di genitori e docenti. La riflessione che ne è seguita ha evidenziato l’opportunità di rispettare l’età del bambino, di mettersi in discussione per individuare errori e miglioramenti, cercare di dare un messaggio educativo omogeneo e coerente, attraverso la sinergia ed il contatto, nel rispetto dei ruoli e del bambino. Sottolineata l’importanza di educare con l’esempio.

 

D - Rapporti Scuola-Famiglia veri miti e false verità nella relazione tra genitori e insegnanti

Sono state evidenziate difficoltà di comunicazione causate, spesso, da pregiudizi che distorcono il messaggio. Evidenziata una diminuzione del contatto genitori-Istituto, con il crescere dei figli, che passano dall’infanzia, alla primaria, alla secondaria (dove i ragazzi sono lasciati soli a impostare l’attività scolastica). Nel gruppo non c’è stata distinzione fra genitori e docenti e molti spunti sono arrivati dai genitori. Comunicazione necessita Cooperazione, che necessita Regole: su questo vorremmo che la riflessione fosse approfondita.

 

E - Dall’Io al Noi: le piccole grandi conquiste dell’autonomia e del rispetto delle regole coordinato da Tiziana Tiesi

Ci sono stati un confronto proficuo e la collaborazione sulle modalità per conoscersi e per potersi affidare gli uni agli altri. Mancano momenti di rapporto e le assemblee generali risultano poco efficaci. C’è bisogno di maggiore contatto prima che la scuola inizi, in tutti gli ordini. Conoscersi attiva importanti strategie volte al bene del bambino.

 

F - Che compito i compiti a casa! Confronto sul valore dei compiti per una reciproca collaborazione nella loro gestione coordinato da Lucia Gherardeschi

Il compito a casa coinvolge tutti: alunni, docenti e genitori. La sua utilità è stata riconosciuta dai genitori del gruppo. E’ opportuno, però, un cambio di mentalità da parte di quei genitori che si preoccupano più del voto che della opportunità, data al bambino, di mettere alla prova le proprie competenze e capacità. Importante che i docenti dosino opportunamente il carico dei compiti assegnati, in modo da far prevalere l’aspetto didattico alla fatica materiale.

 

G - Insegnanti, genitori e alunni: l’importanza di co-costruire un rapporto di fiducia a lungo termine coordinato da Chiara Soldi

L’attività, predisposta dalla coordinatrice, è iniziata con un piccolo gioco sulla fiducia, cui tutti si sono prestati di buon grado. Il gruppo si è diviso in ulteriori 6 piccoli gruppi, a ciascuno dei quali è stato affidata una questione su cui riflettere e delle parole chiave da individuare e trascrivere in un poster riassuntivo. Al termine, sono state condivise le riflessioni, con l'espressione delle sintesi che seguono.

Gruppetto 6 Genitori e insegnanti: c'è fiducia reciproca?

La fiducia necessita di tempo, per esser conquistata, ma il genitore ha necessità di avere certezze già all'inizio della scuola. Come si può creare? Servono i momenti di assemblea, in occasione dell'elezione dei rappresentanti, ad esempio, per presentare docenti e Istituto. Serve domandarsi con quale criterio il genitore abbia scelto quella scuola, piuttosto che un'altra: per sentito dire; per simpatia; per come ti poni professionalmente. Tutte questi criteri sono lasciati alla soggettività e all'improvvisazione, per cui sarebbero utili, nell'interesse del bambino, pratiche sistematiche a livello d'Istituto, che vedano, ad esempio, i docenti Presentarsi ai genitori prima dell'inizio della scuola, per svincolare il processo d'innesco della collaborazione dai momenti di valutazione della classe o dell'alunno. Il genitore è molto confortato dal conoscere subito coloro di cui gli è richiesto fidarsi ed il bambino beneficerebbe già dalle prime ore di lezione dell'allineamento sull'impostazione didattica che potrebbe crearsi. Ognuno di noi riesce a fidarsi di poche persone (prima deve conoscerle bene), ma può collaborare con molte di più: la collaborazione è ciò che nasce immediatamente ed è ciò su cui dovrebbe basarsi il rapporto scuola-famiglia, per evitare meccanismi deroganti deleteri.

Gruppetto 5 Perché mi fido di te?

Per istinto, (la fiducia arriva dopo), per quello che mi trasmetti, compreso l’interesse, perché mi dai sicurezza.

Gruppetto 4 Può incrinarsi un rapporto di fiducia?

Sì: fra adulti è più frequente, meno fra docente e alunno. Per prevenire è opportuno costruire un rapporto sul dialogo, sulla lealtà fra i soggetti che ne fanno parte. Lealtà, Dialogo, Volontà.

Gruppetto 3 La fiducia: a fatti, o a parole?

Fiducia conquistata giorno, per giorno, con le azioni. Fondamentale dare la genitore la possibilità di verificare se ha ben posto la fiducia nella scuola cui ha iscritto il figlio. La verifica può dare una conferma, ma anche una delusione. E’ opportuna una Reciprocità: quello che chiediamo per noi, dobbiamo essere pronti a concederlo agli altri (genitori compresi). I docenti, come i genitori, non sono tutti uguali: appartengono ad una delle tre categorie fragili, autoritari, autorevoli. Ne segue che il genitore non è in torto a prescindere, ma gode di dignità in un rapporto paritario con i docenti ed occorre calarsi nella loro realtà. Occorre considerare che il genitore si sente sempre giudicato dalla scuola e teme di evidenziare il suo eventuale fallimento.

Gruppetto 2 La fiducia è per sempre?

No, va coltivata e va scemando con la crescita dei ragazzi. Si tende ad etichettare la persona di cui si è persa la fiducia: le soluzioni sono il Dialogo e l’Ascolto, anche nei confronti dei genitori. Occorre confrontarsi sui problemi: spesso ci si rende conto che sono generati solo da equivoci. E’ opportuno essere propositivi nel ricostruire una frattura, a beneficio del bambino.

Gruppetto 1 Mi fido di mio figlio/a?

I due uomini del gruppo dichiarano una fiducia cieca, le due donne, invece condizionata dalle situazioni e dall’età. Nasce una discussione corale in cui alcuni ritengono che la fiducia sia un rapporto monodirezionale, per cui fidarsi significhi sapere che non mi tradirai, quindi non ho alcun bisogno del controllo (che anzi, sarebbe prova della mancanza di fiducia); per altri, invece, fidarsi è un rapporto bidirezionale in cui due soggetti sanno che a livello di consapevolezza non si tradiranno l'un, l'altro, ma potrà capitare che uno dei due si sbagli (tradendo, in qualche modo, sé stesso e quindi, inconsapevolmente, il patto fiduciario) e facilitando e richiedendo il controllo dell'altro, ha la possibilità di ottenere indicazione tempestiva dell'eventuale errore, prima che le conseguenze si facciano gravi.  Nel rapporto genitore-figlio, la prima accezione corrisponde alla fiducia cieca, che il figlio può interpretare come abbandono, mentre la seconda, come rilevato dalle signore del gruppo, richiede una modulazione dell’azione di controllo, in funzione del livello di rischio potenziale: al figlio è consentito sperimentare (spaziare oggi oltre i confini di ieri, per allargare le proprie competenze) e può confidare nel fatto che in caso di un suo errore di valutazione, il genitore sarà pronto a farglielo presente, consentendogli, se lo ritiene opportuno, un tempestivo cambio di rotta.